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IL PERIODO DEL LIBERO COMUNE
La lotta per le investiture si
concluse finalmente nel 1125, con il Concordato di Worms, e negli
anni seguenti molti castelli sabini, approfittando del vuoto di potere
creatosi nell'abbazia di Farfa, si organizzarono in liberi comuni.
Bucciniano, purtroppo, data la sua
posizione altamente strategica era considerato troppo importante, e
continuava a subire la tirannia dei vari feudatari che da Roma venivano
inviati dall'Abate Adinolfo e dai suoi successori.
Si giunse così al dicembre del 1153,
quando la popolazione del castello, stanca delle angherie perpetrate nei
suoi confronti dai vari vassalli, decise finalmente di liberarsi: i
buccinianesi presero le armi ed iniziarono la rivolta, il feudatario
asserragliato nella rocca fu costretto alla resa, e venne alzato anche per
lui il ponte levatoio, affinché lasciasse per sempre il castello.
Ora anche Bucciniano era un libero
comune, come molti altri, e nella rocca, per la prima volta, al posto dei
feudatari si insediarono i priori, rappresentanti del popolo e da questo
eletti liberamente.
La gioia durò però soltanto pochi
giorni, poiché l'esercito romano, chiamato in aiuto, già nel mese di
gennaio 1154 era schierato minaccioso sotto le mura del castello,
prendendo di sorpresa i buccinianesi, i quali non erano ancora preparati,
né avevano avuto tempo di preparare la loro difesa.
Gli assalitori posero l'assedio al
castello, con i rampini e le corde superarono agevolmente la prima cinta
di mura, abbassarono il ponte levatoio ed eliminarono la guardia
castrense, devastarono le Cellugne, dove si conservavano il bestiame ed i
foraggi, superarono anche la seconda cinta e già si prepararono ad
espugnare la rocca e la civita, quando i Buccinianesi, al fine di evitare
una ulteriore strage, accettarono la resa senza condizioni.
Purtroppo, le condizioni poste dal
nemico furono durissime: pagare settanta libbre d'oro in denari pavesi
all'esercito e riconoscere i diritti del Campidoglio, pena lo
smantellamento del castello, il bando dei cittadini e la confisca delle
terre, lo stesso atroce destino che era toccato nel 1138 al castello di Tribuco.
Giunto il giorno concordato per
incassare il pagamento pattuito, l'esercito di Roma era nuovamente sotto
le mura di Bucciniano, per ricevere la somma o smantellale il castello.
Disgraziatamente, i Buccinianesi, per
quanto avessero fatto, non disponevano di tutta la somma necessaria a
salvare il loro castello, e nonostante le preghiere e le raccomandazioni
rivolte ai vincitori non poterono impedire che gli stessi iniziassero la
loro opera di distruzione.
I soldati romani avevano già iniziato
a smantellare le mura del castello, quando finalmente intervenne l'abate di
Farfa Berardo V (1151-1154), il quale provvide a pagare lui stesso in vece
dei buccinianesi disperati.
Purtroppo, pochi giorni dopo, qualcuno
in Bucciniano disse che invano Farfa avrebbe atteso la restituzione
del debito, cosicché, venuto a conoscenza della cosa, l'abate si rivolse
al papa, Anastasio IV (1153-1154), il quale, il 22 febbraio 1154, ordinò
ai buccinianesi di pagare subito a Farfa almeno venti libbre del loro
debito, pena il bando e la confisca, e così Bucciniano fu costretto ad
indebitarsi coi castelli vicini per evitare ritorsioni.
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